Tortino mattarullo dell’inclusività
Solitamente, quando devo riassumere e rielaborare un’esperienza di diversi mesi, non riesco a raccontarla in prima persona; quasi sempre necessito di un narratore una narratrice esterno/a che mi aiuti a mettere in ordine il caos infinito che ho nella mia “cabeza”, che mi faccia vedere il tutto con una lente d’ingrandimento e con uno sguardo nitido. Infatti all’inizio pensavo proprio di scegliere come narratrice “Muchacina” la piantina grassa (non ha mai avuto un nome, l’ho scelto adesso) che mi ha fatto compagnia nell’appartamento di Santander (in Cantabria nel Nord della Spagna) in cui ho vissuto per 8 mesi insieme ad altri quattro personaggi bizzarri, ma ho cambiato idea e, solo per questa volta, non usufruirò di questo espediente letterario ma parlerò in prima persona.
Quando parto e torno da un viaggio spesso gli incontri che faccio e le azioni differenti dalla routine solita, mi fanno accendere delle lampadine, mi fanno risuonare e risvegliare concetti riflessioni, valori, che poi quando torno si spengono quasi subito, ma ogni volta ho la speranza che rimangano accesi per un periodo piú lungo.
Quindi, con la speranza che mi risuonino ancora per un pò, raccoglierò e metterò in una bella cesta di legno intrecciata e curata nei minimi dettagli, alcuni ingredienti riscoperti che hanno riacquistato vita a Santander.
Mi piace immaginare di passeggiare per la Maruca (è stata il mio luogo rifugio in questi mesi) che è una spiaggia di Santander, con in mano questa bella cesta e passare dal contadino che vive in una casetta proprio lì a vista oceano, e piano pianino riempirla di verdure e ortaggi particolari.
La prima verdura che raccolgo è un bel broccolo responsabile con la sua testa fiorita, verde, maestosa e morbidosa.
Responsabilità: il termine responsabilità deriva dal latino respònsus, participio passato del verbo respondère, ovvero rispondere in un significato filosofico generale, impegnarsi a rispondere a qualcuno o a se stessi, delle proprie azioni e delle conseguenze che ne derivano (grazie dizionario).
Ho capito in questo periodo che più scappi dalle responsabilità piú ti inseguono, ma a volte puoi scegliere di non prendertele se c’è qualcun’altro che le prende al posto tuo, ma non sempre c’è qualcuno.
Poi raccolgo il porro che crea e supera i confini, snello che possiede ciuffi super lunghi e scoppiettanti
Confine: Quando si traccia una linea di delimitazione, quando si scrive un confine, allora si crea un di qua e un di là, un dentro e un fuori. Però (vero un tempo e oggi più che mai) non c’è linea del genere che non sia condivisa: di là sempre c’è qualcun altro, anzi di là sempre è di qualcun altro. Il confinis sostantivo, in latino, è il vicino, il proprietario del fondo adiacente. E come aggettivo è sempre il vicino, il limitrofo, il contiguo, e addirittura diventa l’affine, il simile, il connesso. E dire che il confine a noi pare essenzialmente una chiusura.
Confini e limiti mi mettono continuamente in crisi e qui a Santander particolarmente, perchè scombinano tutto; alcune volte si mettono per proteggersi, altre volte è necessario superarli e cancellarli, normalità non normalità, controllo non controllo. In questi mesi, relazionandomi con gli altri, mi sono chiesta quale fosse il confine, sempre nel rispetto dell’altro e cosa sarebbe successo se non lo avessi posto. Beh non mi sono data una risposta, penso che a volte si debba mettere in moto un istinto consapevole.
Un’ altra verdura che mi attira e mi emoziona che vedo e che prendo è la cipolla non abilista, “Cipolluta di fuori, cipollosa fino al cuore, potrebbe guardarsi dentro senza provare timore”.
Abilismo: atteggiamento discriminatorio e pregiudizialmente svalutativo verso le persone con disabilità.
Marina Cuollo, laureata in Scienze Biologiche, speaker radiofonica, scrittrice, autrice di podcast, content creator, utilizza i social affinché possa verificarsi un decremento di pregiudizi legati al mondo della disabilità, in un’intervista dice:
Nell’interazione tra persone con disabilità e persone che non vivono una disabilità sussiste quasi sempre un binomio fatto di pietismo e compassione, che evidenzia la parte “sensibile” degli individui nei riguardi di coloro che ahimè “poverini” sono stati obbligati a condurre una vita complicata”.
É questo approccio triste, avvilente e demoralizzante a tessere le fila del discorso sull’abilismo poiché la persona con disabilità viene accostata alla sua condizione di svantaggio e non viene percepita per la persona che autenticamente è.
In questi mesi ho fatto volontariato alla “scuola del tempo libero” in cui ragazzi e ragazze con disabilità cognitiva partecipano a diverse attività e laboratori. Una cosa, che per modo di dire “ho imparato”, è ballare la “Sevillana” e ho scoperto di essere proprio un caso perso. A parte gli scherzi, mi sono resa conto di quanto anche inconsciamente, soprattutto all’inizio, la mia interazione era guidata da uno sguardo di pietismo e compassione e mi ha fatto riflettere su quanto questa retorica nel mondo è ancora tanto radicata e giustificata. Tranquilli la cipolla antiabilista aiuta a capire che veramente, come dice Marina, questo approccio è triste ed avvilente ma può e deve cambiare partendo dall’utilizzare in modo appropriato il linguaggio, dando peso ad ogni singola parola e gesto evolvendosi ed informandosi.
Scusate ma non posso non prendere questo carciofo paziente dal tenero cuore vestito da foglie appuntite.
La parola pazienza ha origine dal latino volgare patire ( in greco pathein e pathos, dolore corporale e spirituale) ed indica la facoltà umana di rimandare la propria reazione alle avversità, mantenendo nei confronti dello stimolo un atteggiamento neutro.
In questo periodo molta gente ha avuto la pazienza di provare a capirmi nonostante inventassi parole inglesi e spagnole. Ho allenato la pazienza quando volevo fare tutto subito ma gli spagnoli mi dicevano poco a poco. A volte perder la pazienza per strada per poi ritrovarla, come sensazione penso sia come quando stai cercando in tutti modi il cellulare e ti rendi conto che lo hai in mano perché stai parlando al telefono, e tiri un sospiro di sollievo auto ridicolizzante e divertito (mi è capitato spesso).
Mira mira, lì in fondo vedo il cetriolo ironico, fresco, ha il fiore al naso è tutto picchiettato.
L’ironia: consiste nell’affermare il contrario di ciò che si pensa con lo scopo di ridicolizzare o sottolineare concetti per provocare una risata. L’ironia implica una critica, ma si differenzia nettamente dal sarcasmo che implica anche disprezzo.
Ironia e divertimento sono stati elementi che in questi mesi alleggerivano il tutto però sono stati una continua scoperta perché con i miei coinquilini provenienti da culture, età e background diversi ci è voluto un po’ di tempo per capire l’ironia di ciascuno per poi giocarci insieme.
Eccolo il pomodoro emotivo, “senza ossa, senza corazza, senza squame né spine, ci offre il dono del suo colore focoso la totalità della sua freschezza”
Emotività: Capacità, più o meno intensa a seconda degli individui, di provare emozione, di reagire cioè di fronte a stimoli piacevoli o spiacevoli.
Giá lo sapevo ma a volte la mia emotivitá mi sovrasta, però penso che in questi mesi io abbia imparato a conoscerla e gestirla un po’ meglio. Il continuo confronto sia nei luoghi in cui ho fatto volontariato ma anche con tutte le persone e le situazioni differenti che ho affrontato, mi hanno aiutato a gestire meglio questi picchi alti e bassi e di calma piatta emotiva tipici di un volontario ESC (Corpo, Europeo, di Solidarietà).
Ed infine l’aglio della condivisione, Le sue salutifere virtù non sempre gli conquistano un posto d’onore sulle mense, ma nel mio cestino si.
Condividere: con- e dividere. Dividere, spartire insieme con altri: il patrimonio è stato condiviso equamente tra i fratelli.
Ammetto che la condivisione è un po’ il mio tallone d’Achille, e ogni giorno qui era una continua condivisione: condivisione degli spazi, degli oggetti dei pensieri, delle emozioni, del cibo,… é stato un allenamento intenso, in alcuni momenti ho cercato di sforzarmi il più possibile in altri momenti ho condiviso la mia non condivisione peró, tutto sommato, sono sopravvissuta. L’aglio della condivisione è stato fondamentale perché è stato utilizzato molte volte per sfamare gente affamata grazie alla semplicissima e buonissima pasta aglio olio e peperoncino cucinata da Stefano, uno dei miei coinquilini che a volte, per i miei gusti, è troppo generoso.
Aspettate un “momentito” la mia cesta è piena e non ci sta più nulla, ora posso tornare a casa e dire che con tutti questi ingredienti posso fare un bel tortino mattarullo dell’inclusività.
Inclusione: essa si riferisce alla capacità di una comunità di accogliere e valorizzare ogni individuo, indipendentemente dalle sue differenze culturali, fisiche, sociali o cognitive.
Mi sa che abbiamo bisogno di mangiare tanti tortini mattarulli dell’inclusivitá perché c’è ancora tantissimo lavoro da fare, però credo che questi progetti ti diano la possibilità di ampliare lo sguardo scoprendo che si può ragionare in maniera differente e si può cambiare pensiero su idee e azioni superando il “si é sempre fatto così” in un “sto pensando a tutti?”.
Scusate vi ho fatto un mega pippone un po’ astratto come piace a me, peró vorrei concludere come si concludono tutti i discorsi (con i ringraziamenti).
Ci tengo veramente a ringraziare tutte le persone che ho incontrato in questi mesi, grazie ai miei “compañeros” di piso, di volontariato, di risate, di uscite, di passeggiate. Infine un super grazie alle associazioni in cui ho fatto volontariato: Ser Joven e Ampros, che mi hanno accolta supportato e soprattutto sopportato.
Grazieeeeeee, hasta pronto, buona vidaaaa