L’esperienza di Rita in Sicilia come volontaria del Corpo Europeo di Solidarietà

 In Corpo Europeo di Solidarietà, Testimonianza

Rita ha trascorso 10 mesi con Istituto Walden a Menfi come volontaria del Corpo Europeo di Solidarietà. Curiosi di scoprire cosa significhi vivere un anno dedicato alla solidarietà, le abbiamo chiesto di raccontarci cosa ha significato per lei questo viaggio unico.

La testimonianza di Rita

Nel maggio 2024 ho iniziato il mio volontariato a Menfi, in Sicilia. Ho lavorato in un’istituzione per ragazzi svantaggiati, la comunità Istituto Walden. I ragazzi che vivono lì sono ospitati sia a causa di problemi familiari sia perché hanno commesso reati minori. Avevo già esperienza professionale in un ambito simile, ma ci sono state comunque molte difficoltà e sfide, soprattutto all’inizio del progetto. I primi due mesi sono stati principalmente dedicati all’apprendimento della lingua, alla costruzione di relazioni e allo svolgimento dei compiti quotidiani. In quel periodo riuscivo a partecipare solo alle attività di routine della comunità, come tenere in ordine la casa, cucinare, lavare i piatti, fare il bucato e accompagnare i ragazzi a fare la spesa, a scuola, al lavoro, in spiaggia o in palestra. Attraverso queste attività ho avuto l’opportunità di parlare di più sia con i miei colleghi che con i ragazzi.

Pian piano hanno iniziato a fidarsi di me e ad aprirsi sempre di più. Mi hanno raccontato storie ed esperienze del loro passato, permettendoci così di iniziare un vero percorso insieme. Dal terzo mese in poi, quando la lingua non era più un ostacolo così grande, ho iniziato a tenere più conversazioni di supporto con i ragazzi e a sostenerli anche a livello emotivo. Con alcuni è stato facile instaurare un rapporto, con altri non si sono mai aperti del tutto, ma va bene così. Ogni incontro aveva un focus diverso a seconda del ragazzo. Senza essere esaustiva, posso elencare alcuni temi affrontati: la gestione dell’aggressività, la costruzione di una visione del futuro, la definizione di obiettivi, la preparazione alla vita al di fuori della comunità, la comprensione e la gestione delle situazioni attuali, l’adozione di uno stile di vita più sano attraverso l’alimentazione e l’attività fisica, le dipendenze e le loro conseguenze, ecc. Col passare del tempo si sono create relazioni più profonde e, conoscendoci meglio, è stato più facile coinvolgerli nelle varie attività. All’inizio ho proposto sessioni di esercizio fisico e sport, poi, quando il tempo è diventato meno favorevole, abbiamo passato molti pomeriggi in cucina. Ho anche introdotto loro la cultura ungherese, la lingua (seppur in modo minimo) e la cucina tradizionale. Nei mesi autunnali abbiamo preparato insieme molti dolci ungheresi e torte. Ovviamente, i pancake sono stati un grande successo e li abbiamo fatti quasi ogni due settimane. Nei mesi invernali, invece, abbiamo utilizzato le arance del giardino per fare succhi di frutta e preparare pizze fatte in casa. Oltre a tutto questo, ho organizzato diversi laboratori creativi, sia per entrare nel clima delle festività del momento sia per raccogliere e rielaborare informazioni importanti per i ragazzi. Abbiamo realizzato decorazioni per Halloween, Natale e Carnevale e, durante questi laboratori, abbiamo anche scritto su un cartellone le loro mansioni quotidiane (mattutine e serali) e lo abbiamo appeso nello spazio comune. A gennaio abbiamo creato un poster con i compleanni di tutti i ragazzi, dei volontari e dello staff, in modo da ricordarci di farci gli auguri a vicenda. Per quanto riguarda la lingua, ci siamo insegnati a vicenda un po’ di italiano, siciliano, inglese, rumeno, ungherese e tunisino, anche se ovviamente tutto tranne l’italiano è stato a livello base. Infine, ho insegnato a chi non lo sapeva fare ad usare la lavatrice, stirare, cucire o persino spedire un pacco. Alla fine del nono mese, avevo ormai preso tutti i ragazzi a cuore. Nell’ultima settimana del progetto, uno di loro – quello che prendeva tutto poco seriamente, tranne l’allenamento – è venuto da me per parlarmi. Pensavo fosse, come sempre, una conversazione scherzosa tra noi, ma stavolta è stato diverso. Abbiamo avuto un dialogo completamente serio e maturo, che si è ripetuto anche nel mio ultimo giorno. In quell’occasione, un altro ragazzo ha detto: “Se sei riuscita ad avere una conversazione seria con lui, hai ottenuto tutto quello che potevi ottenere qui”. Quella frase parla da sé. Anche io sento di aver dato e ricevuto il massimo in questi nove mesi. Ci sono stati alti e bassi, ma candidarmi per questo progetto è stata una delle migliori decisioni della mia vita. Ho avuto la possibilità di vivere nella mia isola preferita, imparare l’italiano e sperimentare la vita nel Mediterraneo. Al di fuori del lavoro, ho conosciuto tantissime persone e stretto molte amicizie. Sono stata circondata da persone meravigliose, sia nel villaggio che tra i ragazzi che ho aiutato. Oltre alle relazioni umane, ho scoperto di poter gestire tutto completamente da sola in un posto straniero, dove all’inizio nemmeno parlavo la lingua. Quasi un anno di volontariato mi ha insegnato a essere più empatica che mai, a essere più consapevole della mia presenza e a gestire meglio le mie emozioni. Mi sono anche avvicinata di più alla mia religione e ho potuto prendermi una pausa dalla frenesia quotidiana. Sono grata per ogni singolo minuto trascorso in Sicilia!

L’esperienza di Rita è solo uno dei tanti esempi di come il Corpo Europeo di Solidarietà possa trasformare una semplice opportunità in un’avventura ricca di significato. Se anche tu vuoi metterti in gioco, esplorare nuove culture e lasciare il tuo segno, visita il sito corpoeuropeodisolidarieta.net per scoprire i progetti disponibili e candidarti. Il prossimo viaggio potrebbe essere il tuo!

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