
Fare volontariato in una fattoria irlandese: l’esperienza di Francesca
Ho fatto volontariato per dodici mesi presso la Cloughjordan Community Farm. Anche se è difficile riassumere un intero anno, vorrei cogliere l’opportunità per evidenziare gli aspetti che per me sono stati più significativi. Raccomando vivamente questo progetto alle giovani interessate all’orticoltura biologica, a chi desidera apprendere metodi di agricoltura biodinamica, senza aratura e rigenerativa, e a chiunque voglia acquisire una preziosa esperienza pratica.
Durante l’anno, ho avuto la possibilità di vivere il ciclo completo della coltivazione degli ortaggi e di approfondire la gestione e l’organizzazione di una fattoria. Sono particolarmente grata per le due incredibili supervisori che ci hanno guidato: una specializzata nelle colture in campo aperto e l’altra nelle colture in serra. Hanno organizzato una varietà di sessioni, comprendenti sia attività pratiche sia lezioni teoriche. Sebbene l’esperienza dipenda in gran parte dall’approccio personale, la loro dedizione alla fattoria e alle persone coinvolte ha arricchito notevolmente il progetto. È superfluo dire che il gruppo di volontarie è diventato la mia comunità. Abbiamo formato un legame forte lavorando, vivendo e partecipando insieme ad attività extra. Queste attività hanno avuto un ruolo importante nel mantenere uno stile di vita sano e mi hanno offerto l’opportunità di staccare dalla routine della fattoria. Tuttavia, non posso sottolineare abbastanza quanto siano state le persone a rendere questa esperienza indimenticabile. Durante il mio periodo alla fattoria, ho fatto parte di un ambiente sicuro e di supporto, dove mi sono sentita a mio agio nel condividere i miei bisogni e sentimenti con il gruppo. Ho imparato a comunicare e collaborare in un team internazionale, affrontando talvolta difficoltà linguistiche che si sono rivelate una sfida arricchente. Ho anche avuto l’opportunità di esplorare uno stile di vita off-grid e di connettermi con altri membri della comunità desiderosi di scambio culturale.
Abbiamo sperimentato cosa significhi veramente lavorare in agricoltura in ogni condizione meteorologica. La fattoria richiede compiti costanti e ripetitivi, soprattutto in certe stagioni, come il diserbo in primavera ed estate. Questo lavoro continuo è la realtà di un’agricoltura che rifiuta erbicidi e prodotti chimici. Per me, è stato particolarmente gratificante, poiché ho scelto questo progetto proprio per oppormi ai metodi agricoli convenzionali. Lavorando nella fattoria, mi sono imbattuta in qualcosa di inaspettato: una barca parcheggiata accanto al campo dove stavo lavorando. Su di essa, c’era scritto a grandi lettere: “Un altro mondo è possibile”. Questa semplice frase ha avuto un impatto profondo su di me, spingendomi a riflettere sul mio percorso, sul luogo di lavoro e sul significato più ampio di collaborazione e sostenibilità. La barca faceva probabilmente parte di un festival o di un’installazione artistica, ma il suo messaggio è rimasto con me. Sembrava racchiudere l’essenza stessa della mia esperienza: lasciare la monotonia della vita cittadina e dei campi di monocoltura per abbracciare un nuovo modo di vivere e lavorare. La frase risuonava con i nostri sforzi di ripensare il modo in cui trattiamo il suolo, la terra e le persone.
Il team della fattoria era un intreccio di individue provenienti da diversi paesi e background, unite da un obiettivo comune. Ero stanca della frenesia urbana e dei vigneti senza fine, simbolo degli effetti dannosi della monocoltura agricola. Alla fattoria, abbiamo sperimentato coltivazioni diversificate di ortaggi, imparando direttamente come la varietà possa rigenerare il suolo e sottolineare l’importanza delle pratiche sostenibili. Anche se provenivamo da paesi e culture diversi, la nostra decisione di partecipare a questo progetto rifletteva una convinzione condivisa: il cambiamento significativo richiede azioni concrete, anche in spazi inaspettati. Il tempo trascorso alla fattoria è stato trasformativo. Ha rafforzato la mia filosofia secondo cui pratiche sostenibili, come la diversità delle colture, possono rigenerare la terra. Lavorando accanto a persone provenienti da discipline e paesi diversi, ho capito che questa micro-comunità di cooperazione rispecchiava l’ideale espresso su quella barca. La frase “Un altro mondo è possibile” ha incarnato l’essenza del nostro lavoro. Era un promemoria che con sforzi collettivi e valori condivisi possiamo sfidare i sistemi convenzionali e coltivare un mondo che rispetti la terra e le persone.
La fattoria è stata più di un semplice luogo di lavoro: è stata la prova che, quando le persone si uniscono per uno scopo comune, anche piccole azioni possono portare a cambiamenti significativi. Ripensando a quella barca, ricordo il potere della speranza, del lavoro di squadra e dell’impegno a fare le cose in modo diverso.