Laura. Dal palermitano alla Galicia, per perdersi e ritrovarsi

 In SVE

Tornai a Palermo dopo aver conseguito la laurea magistrale in Ecologia e Conservazione della natura a Parma. Due anni e mezzo di duro lavoro e di un miscuglio di cattive e belle esperienze.

Un pomeriggio mentre mi stavo rilassando nella mia stanza palermitana con la musica e i miei animali che tanto mi erano mancati, ho pensato ad un amico che si trovava in quell’istante in Lituania a fare il servizio volontariato europeo. Mi sono chiesta : “Perchè no?”. Fu così che mi misi al computer in cerca di progetti che potessero interessarmi. Non so per quale motivo, ma guardai solo progetti in Spagna, ignorando tutti gli altri. Ne trovai uno in una piccola città della Galizia, che si chiama Ourense. Non ero assolutamente a conoscenza di questa parte della Spagna se non per Santiago de Compostela, famosa meta di milioni di pellegrini d’Europa e non solo.

Sbrigata la parte burocratica, feci I biglietti e partì subito senza avere il tempo di riflettere e di crearmi aspettative, così fu tutto improvvisato e fin dall’inizio l’ho vissuta guardando solo al presente.

Quando arrivai in Galizia, non parlavo una parola in Spagnolo, nè tanto meno lo capivo bene, nonostante la somiglianza con l’italiano. Poco dopo capii il perchè. Era Gallego, non Castellano.

Ebbi diverse difficoltà nel cercare di farmi capire, ma l’illuminazione venne dopo essere stata al mio primo corso di formazione a Toledo. Lì conobbi molti italiani (circa la metà dei partecipanti. Eh si! Siamo numerosi e ovunque) e vedendo i loro sforzi e risultati e ascoltando i loro consigli circa il parlare una lingua chiamata “Itagnolo” ho iniziato a provare, provare e provare, testando per primo il mio itagnolo con il mio coinquilino portoghese e poi con le persone che lavorano all’associazione.

Superata la barriera “lingua” con successo, iniziai a vivere meglio la città, a parlare con la gente che vende al mercato, nei negozi, e poi a conoscere molta piú gente la sera quando si andava in giro per locali bevendo Estrella, liquor de cafè del Cafè o Sol, ascoltando i musicisti che ogni ultimo venerdì del mese scendevano in strada intonando musiche popolari galleghe con i lorotipici strumenti quali gaita, tamburi e flauti. Tutto creava un atmosfera magica, celta, che richiamava ad arcaici rituali e danze. Tutto ció muoveva qualcosa dentro di me ricordandomi le sonorità forti e folkloristiche della pizzicata e della tarantella ma con un accento diverso. Fin da subito questa cultura mi affascinò e fui contenta di vivere qui.

Le persone che lavoravano all’associazione mi sono piaciute sin dal primo istante, molto dinamiche, attive, piene di energia. Era tutto quello di cui avevo bisogno. Mi vidi coinvolta in varie attività con bambini (con i quali normalmente non sono molto brava) a tema ambientale, ritornando a giocare, travestendomi con l’intento di entrare nel ruolo che mi era stato assegnato. Una volta fui una Ninfa del Rio Miño, un’altra volta una eroina della spazzatura chiamata “Lixena a princesa do lixo” (lixo in gallego significa spazzatura), e poi ancora un’antica esploratrice dell’età romana e anche un fantasma che rappresentava la Santa Compaña, un’antica leggenda gallega. Ciò che ha caratterizzato le attività svolte nell’associazione è sempre stata l’allegria, la spensieratezza, il divertimento e la leggerezza. In una parola: la semplicità nella forma più pura. Non ho percepito il lavoro quanto tale, ma ero felice di svolgerlo.

Iniziai a crearmi la mia rete di amici con cui partecipai a diversi festival (e sono tanti durante l’estate qui in Spagna), tra cui il primo fra tutti fu il Pardiñas dove conobbi la parte più profonda e radicata della cultura gallega. Fui ospitata dal vecchio che inventò uno strumento a percussioni da collo molto simile alle nacchere. Poi arrivava il momento della cena o del pranzo. In quelle tavole vi era concentrato tutto ció che è caratteristico della galizia: dalle tortillas alle empanadas, al caldo gallego, la carne de ternera e de cerdo al barbacoa, il chorrizo, la paella e alla fine di ogni pasto c’era anche il postre! Era tutto ben studiato e lavorato. Era il festival della musica e del cibo e dello spirito profondo della galizia, dove le persone vi partecipavano da 30 anni, anno dopo anno.

Fui ad un altro festival che conquistò la mia anima, la rapì e ne detiene ancora una piccola parte: el Reina Loba. Ebbi la fortuna di condividere questa esperienza con persone speciali con le quali a partire da quel momento sentì un legame profondo e indissolubile. Tutto ciò che mi circondava ebbe in me l’effetto di far crescere la mia vena artistica e farla sviluppare senza barriere e limiti. Per questo iniziai a dedicarmi al disegno, alla musica, alla cucina, e imparai qualcosa anche su come fare braccialetti artigianali.
Anche il lavoro che stavo svolgendo per l’associazione era qualcosa che tirava fuori la mia personalità e si manifestava nell’amore per le piante e la botanica. Iniziai a lavorare per creare un erbario di piante medicinali della Galizia, dunque uscivo per le esplorazioni lungo il Rio Miño. Dopo qualche tempo imparai a riconoscere le piante medicinali, e le volte che passeggiavo o andavo a correre per il Rio, mi era facile identificarle senza alcun problema. Fui così coinvolta che non facevo più caso al resto se non al cercare di identificare le specie che non conoscevo. Ora una parte di quelle passeggiate resterà chiusa dentro quelle pagine ben curate, sistemate e raccolte tra due pagine di cartone e posate sopra la scrivania del mio ufficio.
Adesso sono quasi alla fine del mio progetto, mancano solo due settimane. Mi dispiace dover lasciare questa terra, perchè mi ha insegnato tantissimo a livello personale e ciò che mi mancherá sará il perdermi tra i boschetti che circondano Ourense e i cammini che mi riportano alla memoria il Cammino di Santiago che ho fatto da Ourense assieme al mio amico-collega-coinquilino.

Tutte queste esperienze hanno dato una forma più definita alla mia persona, alla mia anima. Mi hanno fatto crescere tantissimo da un punto di vista spirituale e sono riuscita a focalizzarmi su me stessa e su quello che desidero veramente. Il servizio volontario europeo mi ha regalato un seme che dovrá essere piantato sulla mia terra, la Sicilia, affinchè quello che ho imparato qui possa germogliare con una mentalitá, un po’ complessa da gestire. D’altronde ciascun volontario che partecipi ad uno SVE porta sempre con sè qualcosa della terra che lo ha ospitato.
Già comincio a guardare Ourense e la Galizia con gli occhi e il cuore pieni di nostalgia e “saudade”, anche se sono stati solo cinque mesi, ma c’è dice che non conta il quanto, piuttosto il come si vive una certa esperienza. E il mio come ho cercato di riassumervelo in queste poche righe.

Laura Cracolici

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