
6 difficoltà che potreste incontrare durante lo SVE e 6 suggerimenti per superarle
Quasi tutti gli articoli che leggerete sulle esperienze dei volontari durante il Servizio Volontario Europeo, saranno descrizioni entusiastiche di tutte le nuove esperienze che potrete fare, di tutte le amicizie che potrete stringere e dei luoghi che visiterete. Sì, lo SVE è fatto anche di queste cose, ma un aspetto di cui si parla poco e sul quale trovare articoli in merito può non essere facile, sono le difficoltà che incontrerete sul vostro percorso.
Bruno, dopo quasi sei mesi di un progetto SVE della durata di dodici, è ormai arrivato al proverbiale giro di boa.
É arrivato il momento di fare un bilancio: cos’è andato bene, cos’è andato male, cosa ho saputo risolvere di ciò che è andato male e come potrò risolvere ciò che non ho ancora risolto.
Nonostante questo articolo parli delle difficoltà che potreste incontrare sul vostro cammino, non è mia intenzione dissuadervi dal prendere e partire per fare un’esperienza di volontariato, ma semplicemente offrirvi la mia (pur limitata) esperienza nell’affrontare problemi che molto probabilmente incontrerete anche voi. Proprio per questo motivo (oltre che per il fatto che ho preso spunto da esperienze non solo mie, ma anche di altri volontari che ho conosciuto negli ultimi mesi) eviterò di fare riferimento a luoghi, persone e associazioni specifici.Shock culturale
Sapevate che ci sarebbe stato. Magari avrete già passato dei periodi di studio o di lavoro all’estero e sapete già di cosa si tratta: la nuova lingua ha un suono strano, la roba al supermercato ha un’aria sospetta, il ritmo di vita è molto diverso, ci sono nuove convenzioni sociali e soprattutto dovrete adattarvi al vostro ruolo di volontario all’interno della comunità. Può anche essere che conosciate già il Paese in questione, avendo magari trascorso un Erasmus in un’altra sua città, ma lo shock culturale vi colpisca lo stesso: è perfettamente normale. Pensate a quello che passano gli studenti fuorisede restando sempre nei confini nazionali, è la stessa identica cosa. Inoltre, vivere un’esperienza da volontario SVE non è come fare un Erasmus o un tirocinio all’estero: non potrete vivere in una bolla assieme ad altri studenti o colleghi, ma dovrete interagire quotidianamente con le persone del posto, il che senz’altro rende le cose ancora più difficili.
Suggerimento: sentire nostalgia di casa, specie all’inizio, non è niente di cui vergognarsi e non importa che abbiate 18 o 30 anni. Concedetevi tutte le chiamate Skype, telefonate, pacchi da casa, etc. che volete. Ricordate anche che con voi, ci saranno molto probabilmente altri volontari e che loro avranno probabilmente i vostri stessi problemi; confidatevi a vicenda e fatevi forza, parlate con il vostro mentor, il vostro coordinatore o la sending organisation. Dare un nome ai problemi è il primo importante passo per affrontarli.Solitudine
Che siate in un villaggio di mille anime o in una capitale poco importa: il rischio di sentirsi soli c’è in ogni caso. Vuoi perché rompere il ghiaccio con gli altri volontari e/o la gente del posto può non essere semplice, vuoi perché la vostra organizzazione ospitante vi lascia completamente a voi stessi, vuoi perché vi farà lavorare così tanto da non avere tempo per socializzare. Questo però non dipende solo dagli altri, dipende anche da voi stessi e da come intendete reagire davanti a simili difficoltà.
Suggerimento: se nessuno sembra voler prendere l’iniziativa e farsi avanti, fatelo voi. Questa potrebbe essere l’occasione giusta per diventare più propositivi. Se siete in una città sufficientemente grande e interfacciarvi con la gente del posto vi sembra un’impresa insormontabile, i social network vi permetteranno di rintracciare facilmente svariate comunità di expat e/o studenti (sia locali che internazionali). Se siete in un piccolo centro isolato, provate a scoprire se nelle vicinanze ci sono altri volontari SVE e andate a trovarli; in molti Paesi potete ottenere sconti sui mezzi pubblici. In ogni caso, durante il training all’arrivo avrete sicuramente modo di conoscere altri volontari che vivono in altre parti del Paese e potrete andarli a trovare appena avrete tempo e modo.Aspettative vs realtà
Avete letto attentamente la descrizione del progetto e magari visitato il sito dell’organizzazione? avete ricevuto l’infopack prima di partire e non state più nella pelle dalla voglia di partire? Magari arriverete e scoprirete che non è proprio tutto come credevate. La vostra nuova città non è poi così attraente, il vostro progetto è in realtà molto diverso da quanto riportato nella descrizione che avete letto, l’organizzazione ospitante è disorganizzata (chiedo venia per il gioco di parole), il vostro appartamento è in condizioni discutibili e pure i rapporti con il vostro coinquilino sono tesi fin quasi dall’inizio. Allora i dubbi arriveranno a frotte: dovrei lamentarmi? Dovrei essere paziente e aspettare che la situazione migliori? Sono l’unico a essere insoddisfatto? Se sì, c’è qualcosa in me che non va?
Suggerimento: prima di partire, parlate con quante più persone coinvolte nel progetto riuscite a mettervi in contatto, per esempio: (ex) volontari, il vostro coordinatore, etc. Invece che fidarvi ciecamente di un infopack e una descrizione del progetto letta su un bando, chiedete a chi ha vissuto o sta vivendo l’esperienza. Se una volta arrivati sul posto avrete delle perplessità non esitate a esprimerle: comunicate, date dei feedback.
L’ultima ruota del carro
Essere soli e allo sbaraglio in una nuova città da studenti o lavoratori può essere difficile; essere soli e allo sbaraglio in una nuova città con un sacco di momenti morti, senza sapere cosa fare e come impiegare il tempo libero è mortificante. Molte organizzazioni ospitano volontari SVE perché i fondi che ricevono possono aiutare a coprire le spese e addirittura a finanziare altri progetti. Tuttavia, non sono capaci di valorizzare a sufficienza i propri volontari, che si troveranno così in un limbo dal quale può essere molto difficile uscire: le interazioni con i membri dell’organizzazione sono sporadiche e le ore di lavoro sono ben al di sotto delle 30 ore settimanali minime previste dall’accordo. Ai più pigri tra i volontari questa situazione può anche andare bene, ma per chi è venuto con l’intenzione di fare un’esperienza utile e soddisfacente è una vera e propria tortura.
Suggerimento: se non vi arrivano ordini dall’alto, provate a portare voi le vostre proposte. L’organizzazione ospitante dovrebbe permettervi di portare avanti un vostro progetto personale, purché in linea con le regole dell’associazione e con le leggi vigenti nel Paese in cui vi trovate. Lanciate proposte, comunicate, lamentatevi. Se non funziona, interpellate l’agenzia nazionale e/o l’organizzazione di invio.
Schiavismo
Ovviamente, può verificarsi anche la situazione diametralmente opposta all’essere l’ultima ruota del carro. Le ore di lavoro saranno ben al di sopra delle 36 ore settimanali massime previste dal contratto, i giorni liberi potranno essere un miraggio e le ore libere che avete a disposizione serviranno per lo più a mettervi in pari con le scadenze. Tutto questo non è solo spossante a livello fisico e mentale, ma vi impedisce anche di poter vivere a pieno la vostra esperienza e di immergervi nella cultura del Paese ospitante.
Suggerimento: in quanto volontari SVE avete dei diritti, scritti nero su bianco sui vostri contratti. Difendeteli il più possibile e, come ho già scritto nel paragrafo precedente, se non otterrete niente dalla vostra organizzazione, rivolgetevi a chi è ancora più in alto.
Risparmiare
In qualsiasi progetto SVE, troverete sempre la persona che arriva a fine mese praticamente al verde e quella che ha risparmiato tanti soldi da aver messo da parte una piccola fortuna. Questo, oltre che da ovvie spese impreviste che possono capitare a chiunque, dipende anche dalla capacità dei volontari di sapersi organizzare per conto proprio e pianificare le spese mensili: non solo cibo e prodotti essenziali, ma anche tempo libero (serate al pub, viaggi, eventi culturali, etc). Se non avete mai vissuto da soli potrebbe essere difficile, ma non impossibile.
Suggerimento: stabilite un budget settimanale e rispettatelo il più possibile. Imparate a cucinare se non sapete già farlo, risparmierete un sacco di soldi. Un trucco che ho usato è stato comprare abbastanza prodotti a lunga conservazione (legumi secchi, pasta, pomodori in scatola, riso, etc) da avere una scorta consistente in caso di emergenze. Per quanto riguarda i viaggi, suggerisco di iscrivervi a Couchsurfing: chiedete consigli a qualcuno che l’ha già usato per viaggiare e, se possibile, non fatelo da soli.
In conclusione
Trovare un progetto perfetto è impossibile, ma come lo vivrete dipende in larga parte da come volete viverlo.
Lo SVE non è un lavoro, non è un tirocinio, non è un corso di lingua, non è un Erasmus: quasi sicuramente non avrete “la pappa pronta” e avrete ampi spazi per fare quello che volete, il che non è sempre una notizia così buona come può sembrare. Metterci del vostro può essere particolarmente difficile se non siete abituati, ma se imparerete a farlo crescerete molto come persone, e qualità come assertività e proattività sono cose che non passano inosservate agli altri (tra cui potenziali partner, datori di lavoro, etc).
Anche quando sentirete di aver toccato il fondo, provate a dare una seconda chance al progetto e a voi stessi: in fondo, alla peggio sono dodici mesi, e posso garantirvi che non appena troverete una vostra dimensione il tempo passerà in un lampo.
A voi che state per partire, buona fortuna e buon viaggio.
A voi che siete confusi, pieni di dubbi e spaesati, abbiate pazienza, fatevi valere, e le cose prima o poi miglioreranno.
Bruno De Cecco