
L’ESPERIENZA SVE DI MAURIZIO IN LITUANIA, TRA DISABILITA’ ED EMPATIA
Questa è l’esperienza di Maurizio. Il Servizio Volontario Europeo, La Lituania, l’open community “Atvira Bendruomene”, con sensibilità ed empatia.
Il 29 agosto del 2016 l’open community “Atvira Bendruomene” mi prese in considerazione e scelse me. Ancora oggi non so il motivo di questa scelta, ma credo che lo abbiano fatto perché spinti dalla curiosità di conoscere una persona Sorda.
Io sono Maurizio Pappalardo, sono Sordo, ho 23 anni, sono Italiano, sono di Torino, sono laureato in Scienze dell’Educazione e attualmente studio all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano per poter insegnare Pedagogia all’Università e non ho paura della diversità.
Preso dalla curiosità di vivere in un paese Baltico, in un paese dove il freddo regna sovrano per tanti mesi dell’anno, in una Ex-Repubblica Sovietica della quale troviamo impronte ancora oggi, ho deciso di lasciare il BelPaese, la mia famiglia, i miei amici, le mie abitudini, la mia università, il futuro certo.
Era quel 30 settembre del 2016, il classico giorno d’autunno con il sole e mi trovai all’Aereoporto di Milano Orio al Serio. Continuavo a ripetermi, “si mi imbarco”, “Mauri torna a casa”. Fortunatamente sono partito, oggi sono ancora qui.
Prima di andare sul particolare, è opportuno fare una descrizione breve di cosa è “Atvira Bendruome.”
Essa è un Centro Diurno e al suo interno vi troviamo 21 persone che hanno disabilità. Queste persone sono diverse, uniche e speciali perché c’è chi ha la sindrome di Down, chi è autistico di media e lieve intensità, chi ha una disabilità mentale. Il centro Diurno è diviso in due gruppi, entrambi con un volontario e con due assistenti sociali. La mia collega EVS Volunteer, lavora nel secondo gruppo, quindi di conseguenza io lavoro nel primo gruppo, ed ella viene dall’Ucraina.
Per me queste persone sono di un valore unico, sono speciali, sono irripetibili perché nelle loro difficoltà mi regalano il sorriso ogni giorno, difatti ho scelto di essere un educatore perché ho bisogno che qualcuno mi sorrida sempre, che le persone ridano non solo insieme a me, ma con me.
Ma cosa significa essere sordi? Un persona sorda, è tale e quale agli altri, cioè non sente, ha solo la condizione di “non poter sentire” ma non è stupido. Un persona sorda non deve necessariamente usare la Lingua dei Segni, come molti pensano.
Ci sono 4 tipi di sordità, quella lieve, media, media-grave e grave. Io rientro nella medio-grave ma fortunatamente, essendo diventato sordo a soli 2 anni, quando ero bambino, oggi parlo e la maggior parte delle persone mi capiscono, nonostante il mio inglese, oggi, non è come credevo.
Qualcuno sicuramente si chiederà interiormente, ma come vivi in Lituania da persona sorda?
Non è facile, ma nemmeno difficile. Il terzo paese baltico che ha adottato l’euro, sta lavorando sodo ogni anno per regalare accessibilità anche alle persone sorde, per non fare sentire queste come un “ostacolo” ma come un “punto di forza”. Si, perchè a differenza dell’Italia, non solo per la lingua, quanto per i servizi, qui la sordità è sentita eccome.
Credo fortemente che in ogni luogo di lavoro, prima di selezionare, bisogna saper conoscere a fondo quel tipo di disabilità per evitare l’ignoranza.
Mi accorgo oggi di quanto io sia stanco di sentire una lingua diversa dalla mia ogni giorno, per di più non accessibile, quanto sia stanco di non essere capito il più delle volte; mi accorgo di come le persone non si rendono conto, non solo in Lituania, ma anche nel mondo, di avere un eloquio lento e frontale davanti ad una persona sorda, una persona che è necessario conoscere prima di giudicarla.
Mi sento a disagio ogni tanto e ammetto questa mia fragilità, ma quando torno in Italia tornerò più forte, più motivato per quella parola che si chiama “Vita.”
Infine, ritengo opportuno, avendo una disabilità sulla mia stessa pelle, che per essere un buon educatore non basti saper conoscere il Lituano, l’Inglese e il Russo, non basti essere un dirigente di una comunità se non si ha sensibilità ed empatia. Si, perché i miei ragazzi mi ascoltano con i gesti, con gli abbracci e con il cuore. Si, perché abbiamo sviluppato un’empatia da invidiare e quando tornerò per un po’ penserò: Che senso ha la mia vita senza di loro?
Maurizio