Lo SVE non è un anno nella vita, ma la vita in un anno!

 In SVE

Siamo Francesca e Beatrice, due ragazze che, dopo aver concluso i rispettivi percorsi di studio, sono partite per l’Ungheria all’inizio dell’autunno scorso. Il nostro progetto SVE si svolge in un asilo di Pécs, una delle principali città ungheresi.
Entrambe desideravamo impegnarci in un’attività di volontariato, sia per dare un contributo attivo nella comunità in cui ci troviamo, sia per capire come proseguire i nostri percorsi.

Cariche di aspettative ed entusiasmo abbiamo preso l’aereo per Budapest, tappa fondamentale per giungere a Pécs e, fin dal nostro arrivo, l’associazione ospitante ci ha accolte e aiutato ad ambientarci in questa nostra nuova realtà.
Uno degli impatti più forti è stata la lingua ungherese, diversissima dalle altre lingue che conosciamo. In qualche modo però, abbiamo iniziato ad approcciarci e tanti sono stati gli stimoli ricevuti.
In primo luogo, in Ungheria, e soprattutto in una città diversa dalla capitale, è difficile trovare persone che parlino l’inglese. Nei negozi e in asilo, fin dai primi giorni abbiamo dovuto parlare ungherese. Inoltre ci sono state le lezioni di lingua, finanziate dal progetto, che hanno senza dubbio aiutato l’apprendimento e infine, i numerosi viaggi che abbiamo fatto; molto spesso infatti siamo state ospitate da persone con cui l’unica lingua in comune era l’ungherese.

Lavorando in un asilo non è stato difficile imparare parole fondamentali per la comunicazione con i bambini. I colori, i numeri, il nome di alimenti, animali, giochi e mezzi di trasporto sono state le nostre prime parole. A distanza di alcuni mesi una grande soddisfazione personale è quella di parlare con i piccoli, giocare con loro e instaurare nuovi rapporti con tutte le persone che lavorano all’interno dell’asilo.

Le nostre giornate qui sono scandite da impegni più o meno fissi: la mattina c’è l’asilo, i pomeriggi invece, si susseguono tra lezioni di ungherese ed attività extra che vengono ideate da noi stesse. Con un’altra ragazza italiana, per esempio, abbiamo organizzato il language cafè di italiano. All’inizio non è stato facile fare amicizia con le persone del posto, ma questa attività ci ha permesso di conoscere ungheresi appassionati del nostro Paese e della nostra lingua, ed è stato bello confrontare le due culture.

In questi mesi ci sono stati momenti felici, altri invece più difficili e lunghi da superare. L’inverno è stato un periodo in cui diverse emozioni si sono susseguite. Le giornate erano spesso lunghe, buie e fredde. Per alcune settimane la città è stata coperta di neve e la mattina andavamo a lavorare anche se fuori c’erano venti gradi sotto lo zero.
Nello stesso periodo però abbiamo anche passato bellissimi momenti, facendo pupazzi di neve con i bambini. È stato, inoltre, importante sostenerci a vicenda, passando, ad esempio, interi pomeriggi insieme cucinando piatti italiani e a confrontandoci sulla giornata.

Un altro punto fondamentale dell’esperienza sono stati i due training a cui abbiamo preso parte, duranti i quali abbiamo conosciuto molti volontari che, come noi, stanno vivendo la loro esperienza SVE in Ungheria. Con loro i rapporti sono maturati rivendendoli spesso durante i nostri viaggi.

Questa esperienza non solo ci ha permesso di lavorare e di vivere all’estero, ma ci ha dato l’occasione di scoprire un Paese meraviglioso. Difficilmente avremmo avuto l’occasione e la possibilità di conoscere altre città, il lago Balaton, le campagne ungheresi e i vigneti di Tokaj e Villany. Abbiamo anche allargano i nostri orizzonti fino a raggiungere Paesi come la Serbia e la Bosnia Erzegovina più facilmente raggiungibili dall’Ungheria rispetto che dall’Italia.

Grazie a queste esperienza SVE siamo cresciute, abbiamo fatto un’esperienza lavorativa e forse abbiamo deciso quale sarà la nostra prossima avventura. Ricorderemo con gioia questi dieci mesi, le persone conosciute e tutti i momenti vissuti, sapendo, con amarezza, di non poter rivivere le emozioni di un altro SVE, ma desiderose di continuare questo cammino intrapreso con altre iniziative di volontariato.

Francesca Polignano e Beatrice Criscuolo

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