SVE: scoprire quello che di te stesso non sapevi

E’ il 6 agosto. Qualche ora fa ero ad Amarante per l’EVS camp, dove mi sono rivista a camminare rapidamente alla ricerca dell’ombra, a ridere di gusto e mentre mi tuffavo nel fiume Támega nel tentativo di battere sul tempo i giorni più caldi di questa (non) estate portoghese.
Il tempo sembra essere sfuggito. Era il 1° agosto e stavo viaggiando da sola verso Amarante. Era il 19 febbraio di quest’anno e a quest’ora del pomeriggio ero in attesa di salire sul mio volo per il Portogallo.
Non volevo scrivere di come un’esperienza SVE ti cambi, ma di come il Servizio Volontario Europeo ti inviti a conoscerti e di come e quanto, quando viaggi da solo/a, il cuore e l’anima si espandano.
Ho deciso di parlare di questo perchè, probabilmente solo ora, a distanza di 6 mesi dall’inizio di questa avventura, ho capito quanto ho imparato a farmi avvolgere dalle storie degli altri, lasciare andare le mie convinzioni e sposare l’incerto.

Sì, viaggiare ma da soli

In questi mesi, ho viaggiato spesso e (quasi) sempre da sola. A mia insaputa, l’ho trovato piacevole. Il Portogallo non è un Paese che si lascia visitare facilmente: ha paesini sconnessi, stazioni ferroviarie incastrate tra foreste, boschi e pecorelle al pascolo ma hai (quasi) sempre la certezza di poter contare su 3 autobus giornalieri per la capitale.
Non è semplice. Il viaggio ti costringe ad incontrarti faccia a faccia con il tempo. Il tempo trascorso, viaggiando soli, ti obbliga a fare i conti con l’esigenza prettamente contemporanea di avere mente e corpo sempre coinvolti in qualcosa.
Trascorro il tempo prima del viaggio a pianificare, a controllare gli intervalli tra una tappa e l’altra e a selezionare cosa porterò con me. Per quando sarò faccia a faccia con il viaggio e con il tempo, scelgo un libro, mi faccio accompagnare dalla meditazione, riposo gli occhi e vado a scoprire il Portogallo.
Perciò il mio consiglio è concetevi lo spazio dello SVE anche per lasciarvi trasportare:  non aver paura di provare, di aprire le braccia al coraggio e smettetela di guardare a ciò che verrà. Fate ciò che vi fa contenti e se non sapete ancora cosa vi fa felici, ora è il momento giusto di sbizzarrirvi per scoprirlo.

Se pensate di conoscervi, ripensateci

Tutti, soprattutto se arrivati a 30 anni, pensano di conoscersi. Del resto, ci facciamo compagnia da quando siamo nati. L’esperienza SVE, però, ti offre il tempo per ripensarvi, per reimmaginarvi in una dimensione diversa da quella in cui sei cresciuto.
Pensaci un attimo: nei luoghi in cui non sei stato, nessuno ti conosce.
Puoi ricominciare da capo o dal punto della tua vita da cui hai voglia di riprendere il filo. Vale solo ciò che fai, come lo fai e chi decidi di essere. Il tempo dell’esperienza SVE vi fornisce lo spazio prezioso per potervi ripensare.

Smettila di sfuggirti

Abbiate il coraggio di guardarvi, di osservarvi con onestà.
Siete lì in un paesino sperduto o in una città metropolitana, avete dai 19 ai 30 anni e avete affrontato, con più o meno consapevolezza, tutti gli step che vi hanno portato a superare le selezioni per accedere al vostro progetto SVE. Siete in gamba e capaci e non lo dico io, ma, come si dice dalle mie parti, sono le carte a cantare, per cui smettetela di sfuggirvi, sottovalutarvi e ignorarvi.
Tre mesi fa, durante la mia formazione d’arrivo, in un gioco di gruppo dettato da molta confusione la mia collega volontaria Wiktoria ha chiamato il mio nome, scegliendomi come leader per coordinare l’attività. Di quel pomeriggio ricordo l’estrema sorpresa nel sentire il mio nome, il suo tono sicuro nel designarmi come referente, gli sguardi insicuri degli altri su di me e il mio imbarazzante barcollamento iniziale: in un attimo, mi sono rivista seduta tra i banchi di scuola superiore, quando all’improvviso, il professore di turno mi chiamava per andare a parlare con il dirigente scolastico, in qualità di rappresentante di classe.
Il problema è che io non sono mai stata rappresentante studentesca e men che meno di classe, eppure Wiktoria quel giorno ha visto in me quelle qualità di leadership e mentorship che avevo seppellito per non suscitare invidie e non dare fastidio al mondo. Al termine della mia formazione, ho raccolto informazioni e suggerimenti su come diventare trainer e lavorare nell’ambito della educazione non formale. Questo è uno dei tanti progetti a cui sto lavorando per il 2019, ma per il momento continuo questo viaggio felice alla scoperta di me stessa.

Patrizia Corriero

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